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martedì, novembre 25, 2003
Mozart, quello delle palle
Ci siamo frequentati poco. C’era qualcosa che non andava ed è stato giusto così.
Io… vabè io ho tutti i difetti possibili: mi hai sopportato anche troppo.
Quello che invece io non ho mai potuto sopportare era la tua assurda pretesa di tuttologia.
Ti ricordi quella volta che mi hai detto che ascoltavi un casino di musica classica? E io ho preso la chitarra e ho suonato l’aria sulla quarta corda? E tu hai annuito dicendo: “ah, sì, la musica di Quark”, come se l’avesse scritta Piero Angela? E io ho detto che sì, era di Bach e tu hai fatto sissì con la testa, ma poi quando ho detto scherzando: “ma non quello dei fiori”, tu hai smesso dubbiosa di annuire e io di sorridere? E poi la musica è diventata più veloce e ritmata e io ti ho detto, ma non so neanche perché, che era lo stesso Bach che aveva inventato il country? E tu mi hai risposto che avevi sentito qualcosa del genere?
Beh, non era per niente vero. Era una balla. Me lo sono inventato io.
Così come tu, prima, ti eri inventata un falso amore per la musica classica e, prima ancora, per i roller, il cinema, la fotografia e tutto il resto.
Se era un modo per colpirmi, era quello sbagliato. Hai dimenticato i discorsi sulla semplicità che facevamo, vero?
Se invece era un tentativo di entrare nel mio mondo, allora non mi avevi proprio capito. La musica classica non l’ho mai ascoltata; i roller, ma sì, qualche volta li uso, ma mai accennato ad una passione; il cinema provavo a seguirlo, ma più per svago che per interesse; e la fotografia, beh, se può rendere l’idea, devo ancora far sviluppare l’unico rullino della vacanza di due anni fa.
Non cercavo l’esperto plurisettoriale, ma la ragazza semplice che credevo tu fossi.
Io non sono esperto in un cazzo e non ti avrei mai esclusa *dal mio mondo* per un superficiale interesse che non condividevamo.
Il mio mondo allora eri tu. Tutto il resto era di contorno.
Era come un sistema in equilibrio: stava in piedi solamente così. Quando hai/abbiamo cercato di dare più peso a qualche elemento, tutto è crollato, pezzo dopo pezzo.
La *nostra storia* sarebbe comunque finita.
Abbiamo provato a solidificarla, ma con strumenti sbagliati e troppa fretta.
Chissà se ne è valsa la pena.
posted by Theclap 6:20 PM
sabato, novembre 22, 2003
Effetto Doppler
Ma se in macchina alzo al massimo la radio e passo davanti a casa tua ai 200, ti arriva l'Mp3?
posted by Theclap 3:42 PM
venerdì, novembre 21, 2003
Gara di birra
F.- A quanto sei arrivato?
io- Mah, per ora solo due medie.
F.- Hahaha: io due medie e una piccola.
io- .... (calcolando)
F.- .... (sorridendo)
io- Copro e rilancio di 20 centilitri. CAMERIERA un'altra media.
posted by Theclap 12:14 PM
giovedì, novembre 20, 2003
E chi l’avrebbe mai detto?
Ti sorrido cantando, mentre aspetti la corriera.
Com’eri carina, ieri, in tenuta da cameriera (playboyesca), con quel vestitino nero e il grembiule bianco. Avevi anche la cuffietta in testa? Sì, vero?.
E’ stata una bella sorpresa, sai, ti credevo scolaretta, per via di quello zaino Invicta rosa.
Chi l’avrebbe mai detto?
Ehm... il tutto, senza malizia. Lo giuro.
posted by Theclap 7:14 PM
Vuoti temporali
Buio
“Stia giù, stia giù.”
Mi sveglia una voce che arriva da lontanissimo. Di qualcuno che è sopra di me.
Che cazzo sta succedendo? Dove sono? E questa luce?
Provo a mettermi a sedere e solo allora mi accorgo di essere sdraiato per terra.
“GIU’ GIU’ GIU’, stia giù” mi fa l’infermiera, spingendomi indietro, mentre la sua aiutante mi alza le gambe.
Stanno parlando con me. Mi limito ad obbedire, senza capirci niente. Ma io vi ho già viste. Poi, ossigeno al cervello e comincia ad andare meglio. Poco a poco mi riprendo e capisco di essere svenuto.
“Come va? Stai meglio?” l’infermiera ha ancora la siringa in mano.
“Adesso sì” e mi metto a ridere. Guardo la siringa “Ce n’è abbastanza? Sono già per terra: se ce ne manca…”
“No, no, no. Tutto a posto” mi rassicura lei. “Ma mi avevi detto che non svenivi.”
“Eh, non mi era mai successo.”
Infatti, che io mi ricordi, mi è successo solamente tre volte, ma solo venerdì per un prelievo di sangue.
La prima volta sono svenuto in quarta elementare.
Io, B. e D. stavamo gareggiando a chi diventava più rosso in faccia trattenendo il respiro.
Avevamo fatto delle belle sfide in classe, seduti. Ma per la specialità in piedi non eravamo ancora abbastanza allenati.
D., che aveva inventato questa disciplina, era il più forte, ma io volevo batterlo.
Mi ricordo solo un gran calore alla faccia e qualche secondo di gloria, poi il vuoto.
Mi sono svegliato con il casino che facevano tutti i bambini che mi guardavano dall’alto, con le urla preoccupate della maestra e con un bernoccolo sulla fronte, ciccatrice della battaglia.
Mi hanno dichiarato vincitore per acclamazione e si narra ancora delle mie gesta.
Si narra anche del pelo che ho fatto al termosifone, cadendo a terra e sbattendo la testa contro il muro, schivando di pochissimo la ben più pericolosa sporgenza ghisea.
Il secondo svenimento, invece, è stato meno eclatante.
L’estate di tre anni fa mi ero illuso che avere fame fosse una sensazione piacevole.
Quel giorno mi ero svegliato verso le nove per studiare, perché a mattina inoltrata ci sarebbe stato troppo caldo e perché avrei avuto l’esame di psicologia generale solo dopo pochi giorni.
Ero a casa da solo e ho saltato il pranzo senza accorgermene. Ma all’improvviso mi sono ricordato di un cocomero in frigo.
Era solo da aprire.
Mano sinistra occupata da non so cosa, come se non l’avessi affatto. Prendo il coltello più pericoloso affilato, metto l’anguria in un piatto fondo e affondo con decisione la lama… nel mio indice destro, perché il cocomero era subito scivolato indietro.
Vabè, un taglietto, cosa vuoi mai che sia.
Mi lavo la ferita, ma il sangue non si arresta e scopro che non è mica tanto un taglietto, ma un bello sbrago profondo.
Lo scottex non serve a un cazzo e non ho cerotti. Esco in cortile, per chiamare P. che abita di fianco a casa mia.
“P., mi sono tagliato.”
“Eh?”
“Mi sono tagliato un dito.”
Quando ho riaperto gli occhi, ero sdraiato nel mio cortile sotto il sole battente, mentre P. stava arrivando di corsa. Due minuti dopo ero già in casa sua con il dito fasciato.
P. mi ha raccontato che mentre lui stava ancora cercando di capire se stessi scherzando o no, io ho perso l’espressione facciale, lasciato a metà la frase, camminato barcollando per metà cortile, forse con l’intenzione di rientrare in casa e mi sono infine accasciato per terra.
Io di tutto questo, chiaramente, non ricordo niente, come se non mi fosse mai successo.
…e lo trovo molto divertente.
Ho deciso:
Svenire è bello.
posted by Theclap 6:38 PM
giovedì, novembre 13, 2003
Al lupo! Al lupo!
Non ti è concesso di lamentarti perchè non rispondo alle tue mail, se me ne mandi quattro al giorno, di cui tre sono Fwd: (o anche Fwd: Fw: Fwd: Fw:...) di oltre 1 M. Sappi che dei tuoi messaggi non ne leggo uno. Tanto per stare sul sicuro.
posted by Theclap 9:49 PM
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